La morte di Maradona era evitabile: la perizia mette nei guai i medici

di Angelo Sorbello

Pubblicato il 2021-04-27

Ci sono delle novità importanti sulla tragica morte di Diego Armando Maradona avvenuta lo scorso 25 novembre 2020. Una morte che si poteva evitare, con delle evidenti responsabilità che sono da attribuire al neurochirurgo Leopoldo Luque e alla psichiatra Agustina Cosachov. Questa è la conclusione giunta della perizia medica ed effettuata dalla commissione che era …

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Ci sono delle novità importanti sulla tragica morte di Diego Armando Maradona avvenuta lo scorso 25 novembre 2020.

Una morte che si poteva evitare, con delle evidenti responsabilità che sono da attribuire al neurochirurgo Leopoldo Luque e alla psichiatra Agustina Cosachov. Questa è la conclusione giunta della perizia medica ed effettuata dalla commissione che era stata nominata dalla magistratura nell’inchiesta aperta per la morte di Maradona.

Dopo diverse settimane di valutazioni e di indagini sulle cartelle mediche, sui referti e sui tabulati, i periti hanno concluso quanto segue: “nel decesso hanno inciso in maniera decisiva omissioni di soccorso e una generale negligenza nel trattamento e nelle cure riservate al paziente”. I due medici/specialisti ora potrebbero essere imputati per omicidio colposo.

La perizia medica riporta le cause che hanno portato al decesso del campione argentino: arresto cardio respiratorio generato da una grave insufficienza cardiaca, un edema polmonare e un’acuta cirrosi. Queste a quanto sembra erano tutte delle patologie che, stando alle conclusioni dei periti, sarebbero state ignorate da chi aveva in cura Maradona.

La relazione dei periti parla testualmente di “una situazione totalmente fuori controllo” nell’abitazione di Tigre in cui Maradona stava svolgendo il suo ricovero domiciliare. Inoltre viene evidenziato: “la totale mancanza della strumentazione minima richiesta e l’inadeguatezza della sistemazione predisposta”, il verbale denuncia anche “l’assenza di assistenza medica negli ultimi giorni di vita”.

Sono state decisive per le indagini anche le varie testimonianze raccolte, nei numerosi interrogatori fatti al personale sanitario e alle guardie del corpo che hanno seguito Maradona negli ultimi difficili mesi. Nella relazione si sottolinea anche “la presenza di una miocardia dilatata con conseguente danneggiamento del ventricolo sinistro dovuto all’abuso di farmaci, cosa di cui Luque e Cosachov sembravano non essere minimamente al corrente. Lo conferma il fatto che nessuno abbia mai pensato di sottoporre Maradona a esami periodici per monitorarne le funzioni cardiache”.

Dalle varie analisi della commissione medica sono anche emersi atteggiamenti “condannabili e contrari all’etica professionale” da parte di Luque e Cosachov, come ad esempio il mancato intervento nonostante le preoccupanti condizioni di Maradona il giorno 18 novembre, pochi giorni prima del decesso. “E’ prostrato, stanco e incredibilmente gonfio. Ha un occhio grande come un seno e non si muove dal letto”, allertò quel giorno una guardia del corpo del Diez al telefono con Luque. “Lascia stare, stai tranquillo. Sarà una semplice ritenzione idrica, è normale se non si muove dal letto. D’altra parte, con tutti i farmaci che prende. Vedrai che passa tutto”. Stando alle ricostruzioni data dai periti, “le condizioni di Maradona si sono aggravate giorno dopo giorno in modo irrimediabile. Sintomi inequivocabilmente relazionati a una grave insufficienza cardiaca e alla presenza di un edema polmonare sono stati deliberatamente ignorati nonostante le ripetute segnalazioni e le preoccupazioni manifestate da chi ha visitato Maradona in quei giorni. A dispetto delle numerose avvisaglie non è stata svolta alcuna analisi, lasciando di fatto il paziente in uno stato di abbandono”.

Oltre all’imputazione per Luque e Cosachov che sembra quindi inevitabile, ma i due specialisti potrebbero non essere gli unici coinvolti in questa brutta vicenda. Ci sono diversi componenti del gruppo medico che seguiva  Maradona che potrebbero esser coinvolti e che restano nel mirino degli inquirenti.

Angelo Sorbello

Vivo a Genova, sono laureato, ho lavorato per diverse testate giornalistiche, tra cui Il Giornale e il Secolo XIX. Ho diverse passioni, tra cui il wrestling in particolare la WWE.

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