Non è l’Arena: parla Luca Palamara!

Parla a Non è l’Arena, Luca Palamara, l’ex componente del Consiglio superiore della magistratura accusato di corruzione dalla Procura di Perugia. Proprio lui, abituato a parlare con tutti e che aveva una rete di relazioni per la quale, da capo della corrente Unicost, metteva in piedi alleanze e strategie.

Parla del suo libro, Palamara, che ha scritto insieme al direttore de “Il Giornale” Sallusti. Ma vuole parlare anche di cose che nel libro non ci sono.

Luca Palamara non è fuori dalla magistratura come molti credono anzi, finché non ci sarà la sentenza definitiva è ancora, a tutti gli effetti, un magistrato e soprattutto un magistrato che vuole dire la verità.

Ma allora qual è questa verità?

Sarebbe molto interessante, come chiede Sandra Amurri, capire cos’è questo “sistema”.

“I problemi della magistratura – dice Palamara –  non sono tutti riconducibili alla mia persona, anzi, oggi è diventata una casta, priva di autocritica, di cui anche la politica fa parte. La magistratura ha perso credibilità e dopo l’inchiesta Palamara non è cambiato pressoché nulla. Il mio racconto non delegittima la magistratura, anzi, è a favore della magistratura stessa. Se c’è una circolare della Cassazione che stabilisce che l’auto raccomandazione non è un reato, come possiamo dire di essere credibili? In questo momento ci sono magistrati di primo livello che vengono messi sotto procedimento disciplinare solo perché si sono scambiati dei messaggi con il sottoscritto. Questo è chiaramente un danno di immagine.”

Si passa poi a parlare della scarcerazione di alcuni mafiosi avvenuta  l’anno scorso. Un caso che aveva fatto molto discutere e su cui il Ministro Bonafede aveva conquistato la fiducia per una manciata di voti. Massimo Giletti aveva condotto un’inchiesta sulla questione in cui si scoprì che Bonafede aveva deciso di assegnare la direzione del DAP ad Antonino di Matteo, salvo poi cambiare idea, poiché, si sospetta, avesse ricevuto “pressioni” da parte di alcuni mafiosi detenuti al 41bis. La verità ancora oggi non la si conosce, di certo è che la carica fu poi assegnata al dottor Basentini. Su questo argomento Palamara ha un’idea molto precisa:

Rimasi molto colpito, ma ancor di più mi fecero riavvolgere il nastro delle mie conversazioni in quel periodo. Da poco il ministro si era insinuato e ricordo le telefonate dei componenti della mia corrente, che volevano partecipare alla spartizione delle cariche. Io non potevo più fare nulla, avrebbero dovuto rivolgersi a Davigo. Il DAP è uno dei luoghi più delicati della gestione della giustizia. Mi colpì molto il silenzio dell’associazione magistrati, che non ha attuato nemmeno un approfondimento sulla questione. Io mi sono messo a disposizione delle autorità giudiziarie ed anche delle commissioni del Csm. E’ il sistema che ha fatto fuori Di Matteo. Dalle mie chat si capisce chiaramente che vi era molta frenesia intorno all’assegnazione delle cariche.

Ma allora la magistratura nei confronti della trattativa come si pone?

La magistratura riflette il dibattito che voi fate all’esterno sulla trattativa. Di Matteo non era controllabile, ecco perché è stato fatto fuori. In quel periodo scattano le prime telefonate poiché si era convinti che le cariche apicali sarebbero state assegnate ai membri di una specifica corrente. La procura di Roma, contemporaneamente,  era impegnata anche nel procedimento sullo Stadio e, anche in quel caso, il ministro Bonafede venne sentito più volte persino in assenza del PM assegnato a quell’indagine. Nessuno pensava che il dottor Basentini potesse diventare capo del DAP. Normalmente quei posti vengono ricoperti da persone che sono strutturate nel campo del diritto penitenziario e penale. Anche se il dottore appartiene alla mia corrente, siamo rimasti stupiti perché il meccanismo è andato fuori dalle correnti. Voglio ricordare che il dottor Leonardo Pucci, vice capo di Gabinetto, conosce personalmente il dottor Basentini. Io voglio che su questi fatti vengano fatti più accertamenti possibili, anche nel rispetto della famiglia del dottor Borsellino. Perché i magistrati non parlano? Quando Renzi vuole Gratteri come ministro della Giustizia, e non riesce a farlo, è perché le correnti non vogliono. E questo io l’ho vissuto in prima persona.

Si parla poi delle intercettazioni fra Auriemma e Palamara sull’inchiesta che coinvolge il Senatore Salvini, presso la procura di Agrigento. Dai messaggi si evince chiaramente che, a volte, la magistratura agisce per motivi politici. Ma Palamara su questa vicenda fornisce una spiegazione molto diversa:

Voglio contestualizzarla. Io la penso diversamente da Salvini. In quella chat il procuratore Auriemma mi chiede cosa sta succedendo, poiché la magistratura rischia di perdere credibilità. La mia risposta è “hai ragione”. Voglio segnalare che all’interno della magistratura, sull’immigrazione, ci sono sensibilità diverse. La frase “lo dobbiamo fare” si riferiva all’ennesimo comunicato che la procura voleva fare sull’argomento. E’ normale che senza contestualizzazione non si comprende il senso. Io l’ho spiegato nel libro sulla base della mia esperienza.

A sorpresa, telefona in studio Matteo Salvini che stava ascoltando l’intervista:

Confido di aver trovato giudici seri che non faranno passare un Senatore come un sequestratore. Devo dire che l’idea di Palamara è emersa. Quanti altri magistrati pensano la stessa cosa ma dalle loro chat non emergerà mai nulla. La cosa grave per cui ho comprato il libro è tutto quello che c’è dietro, le nomine pilotate nei tribunali. Sono queste le cose gravi. Accetto le scuse, non scappo dai processi e non porto rancore ma vediamo come risolverli questi problemi.

Salvini ha continuato il suo discorso proponendo, come soluzione per scardinare il sistema delle correnti, l’estrazione per l’assegnazione delle cariche. Una proposta su cui anche Palamara concorda ma che a quanto pare fa molta paura ai membri della magistratura.

 

 

 

 

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Scritto da Giuseppe Currado
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