Se il duemila da noi tutti fu tanto atteso perché pieni di speranze e carichi di aspettative, furono Paola&Chiara a proiettarci nel nuovo millennio con un messaggio all’apparenza semplice ma che in realtà esprimeva voglia di rinascita, di ‘nuova vita’, di guardarsi dentro per ricominciare.
Tema, quello del ricominciare che appartiene da sempre a Paola Iezzi, come sanno i tanti sostenitori che la seguono da sempre. Ecco cosa ha risposto a MondoTv 24:
Partiamo proprio da questo aspetto Paola. Tematiche come la speranza, la rinascita, l’introspezione come punto di partenza per affacciarsi al mondo e affrontare la vita in generale, sono messaggi che esprimi un po’ in tutti i tuoi progetti. Quanto ti stanno a cuore e perché ritieni che sia così importante trasmetterli al pubblico?
PAOLA: Sono concetti fondamentali. Come esseri umani abbiamo il dovere di guardarci dentro, crescere, rinascere, evolverci e sperare. Non abbiamo molte altre alternative se vogliamo andare avanti. Questo è il progresso. Oggi si parla tanto di progresso. Del salto che le nuove tecnologie stanno facendo fare agli esseri umani. Senza capacità di analisi, senza introspezione, senza crescita interiore e senza evoluzione, che rappresenta il vero progredire dell’umanità, i mezzi tecnologici, che oggi sembrano non avere limiti, fanno solo paura. Bisogna coltivare cultura e coscienza se vogliamo far sì che il futuro non sia spaventoso per tutti. Per questo questi temi mi sono così cari e ne parlo spesso e da sempre nelle mie canzoni.
Negli anni, come hai spesso dichiarato, ti è capitato più volte di ricominciare, di reinventarti. Lo hai fatto sempre con grande maestria, senza mai criticare i nuovi cambiamenti anche dal punto di vista musicale. Anzi, hai abbracciato ‘le nuove mode’ restando sempre fedele alla tua impronta artistica. Come fai a far coesistere questi due aspetti?
PAOLA: Non ho mai abbracciato mode in verità. Mi sono evoluta in base a ciò che sento vicino a me. Se qualcosa che “va di moda” che è “trend” in quel momento, a me, per esempio non piace o non mi convince, cerco di capire il fenomeno, perché sono curiosa, ma non mi faccio sedurre dall’idea di farlo anche io, se sento che alla fine, quella cosa non ha punti di contatto con me. Per questo il modo in cui si sviluppa la mia evoluzione come artista è essenzialmente naturale ed organico, perché non mi forzo mai ad essere qualcosa che non sono. Mi sentirei ridicola e non ho voglia di sentirmi a disagio quando mi esprimo artisticamente. Perché significherebbe che non sto seguendo un istinto, ma sto solo cercando di inseguire qualcosa. Inseguire qualcosa che non sei non solo determina mancanza di personalità, ma è terribilmente patetico.
Sei stata fra le prime artiste POP ad abbracciare il mondo RAP senza avere nessun tipo di pregiudizio, come la tua collaborazione con MYSS KETA. Com’è stato collaborare con lei? Ci saranno altre collaborazioni?
PAOLA: Non considero MYSS una rapper ma un’artista pop contemporanea. Il progetto di MYSS KETA è parte di un collettivo di artisti e produttori. E la collaborazione con lei e con loro è stata divertente e interessante. Pur essendo tra noi artiste molto diverse ho sentito nei confronti del suo progetto, così com’è concepito e come viene affrontato e sviluppato, diversi punti di contatto.
Hai sempre mantenuto un legame profondo con il tuo pubblico che ha sempre continuato a seguirti grazie anche al fatto che non si è mai sentito ‘abbandonato’. Hai mai avuto ‘‘paura di deluderlo’’?
PAOLA: Molte volte. Non musicalmente o con l’immagine. Quello so che non può accadere. Ho avuto molta paura e tutt’ora temo di non avere forza abbastanza per reggere l’onda d’urto di tutti i cambiamenti che l’industria musicale sta affrontando. Trovare oggi un contratto discografico è una delle cose più difficile che possano esserci. Perché gli introiti che arrivano direttamente dalla musica sono oramai molto bassi. Con la situazione “pandemia” poi tutto è precipitato, perché è venuto a mancare il polmone principale che teneva in vita il business musicale, ovvero i concerti e le serate. Ho spesso paura di non riuscire a sopravvivere a questo momento di grande difficoltà. Speriamo di farcela tutti quanti! Ma ci vorrà molto impegno da parte di tutti. I grandi distributori digitali che dovranno capire che le percentuali che danno agli artisti per riproduzioni e download deve essere assolutamente rivisto e anche un po’ il pubblico che deve ri-educarsi a comprare la musica per poterla ascoltare, la discografia che non può pensare di buttare sul mercato ogni anno quintali di artisti “usa e getta”, perché questa sovrapproduzione non giova, anzi sta impoverendo tutti quanti.
Chi ti segue sa che ultimamente la tua vita si divide tra Stoccolma e Milano. Questo ha a che fare con il tuo prossimo progetto? Puoi anticipare qualcosa?
PAOLA: Sì, Ho trascorso tutto l’anno scorso a Stoccolma a lavorare al mio album. Nel frattempo ho creato là una bellissima “famiglia musicale” di produttori e autori pazzeschi con i quali abbiamo lavorato senza sosta in un clima idilliaco. Tanto che almeno una volta al mese torno a Stoccolma, che ho eletto come mia “seconda casa”. La Svezia è la terra della pop music. Quale posto potrebbe essere più adatto a me? 🙂
Come vedi il tuo futuro?
PAOLA: Eh, bell’argomento questo… Hai visto “Don’t Look Up”, ecco quello mi pare il presente… lo vedo che se non facciamo qualcosa è un casino! E non aggiungo altro, perché tutti hanno capito di che parlo. Bisogna recuperare un po’ di senno e di coscienza e darsi da fare. Smetterla di provare e iniziare a fare.
Il maestro YODA in Star Wars, diceva:. “Fare o non fare. Non esiste provare!” e io sono d’accordo con lui 🙂
Seguirai SANREMO?
PAOLA: Ovviamente sì, come ogni anno 🙂
Abbiamo vissuto e stiamo continuando a vivere un periodo difficile causato dalla pandemia. Un’artista come te che ha sempre espresso messaggi di speranza e rinascita, cosa si sente di dire a tutte quelle persone che in questo momento non riescono ad essere troppo ottimiste?
PAOLA: Purtroppo non abbiamo alternative. Non ci sono. MA non ci si può arrendere, a un certo punto bisogna fare quel che va fatto. Dico alle persone di non avere paura, o di imparare a conviverci. Abbiamo tutti bisogno di vivere per star bene e non si può vivere barricati in casa. Oramai abbiamo capito che i vaccini non possono evitare il contagio, ma abbiamo anche capito che se ci vacciniamo evitiamo di aggravarci, finire in ospedale e morire di Covid. Quindi non resta che andare avanti. Siamo parte di una collettività. Nessuno è felice che ci sia una pandemia. Come i nostri nonni non erano felici che ci fosse la guerra e hanno trovato dei sistemi per vivere. Lo stesso dobbiamo fare noi. Non ci si può abbattere. Bisogna essere solidali ed empatici nei confronti degli altri e cercare di darci una mano a vicenda. Dobbiamo smettere di pensare unicamente al nostro piccolo orticello ed allargare i nostri orizzonti. Spesso le persone pensano che essere “egoisti” in questo senso sia sano. Io trovo che, in un momento come questo specialmente, sia stupido. Sto vivendo da tempo un momento della vita piuttosto difficile, perché appartengo a una delle categorie più colpite da questa pandemia. Ma cerco di non lamentarmi troppo, soprattutto pubblicamente, perché penso a tutte le migliaia di persone che versano in condizioni difficilissime, che sono senza lavoro, oppure gravemente ammalate, o tutte e due le cose, così mi sforzo ogni giorno, per rispetto a loro, di avere una visione positiva di questo difficile momento, e mi ripeto che quando sarà concluso ne uscirò e ne usciremo più forti. Nel frattempo ci tocca resistere (come i pugili sul ring quando incassano pugni e a volte cadono ma poi si rialzano). Bisogna pensare alla collettività perché se pensiamo alla collettività ce la faremo, altrimenti no. Non bisogna chiudersi. Sembra paradossale, ma bisogna aprirsi agli altri e condividere. Solo questa è la strada. Se ci allontaneremo dalla nostra interiorità e dai nostri simili, falliremo. Il rischio questa volta è davvero grande.
Abbiamo ancora delle chance, ma non possiamo sbagliare.
Forza e Coraggio!
Per le foto si ringrazia Paolo Santambrogio
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