Eurovision? No grazie! Preferiamo la musica

Il vizio tutto italiano di non saper apprezzare ciò che è prodotto in casa ha trovato la sua massima espressione nell’Eurovision, uno spettacolo un pò agée e che andrebbe rivisto, ma che agli occhi dell’ “intellighenzia” nostrana e dei critici dell’ultima ora appare moderno e innovativo. Cosa ci troveranno di così innovativo in uno spettacolo che fino allo scorso anno, prima della vittoria dei Maneskin, era considerato il fratello sfigato del Festival di Sanremo?

L’ Eurovision non è altro che l’emblema del vizio tutto italiano di apprezzare tutto ciò che non è nostrano, di investire di qualità ciò che se fosse creato in casa sarebbe etichettato a giusta ragione come antiquato e non al passo con i gusti televisivi. L’ idea purchè ultra cinquantennale, riveduta e corretta potrebbe anche funzionare, ma non così, una sorta di Giochi senza Frontiere in musica, con commento tassativamente in inglese, cosa assai strana per il pubblico della nazione ospitante, costretto a pagare il biglietto e a prestare attenzione per non perdere il filo del discorso, soprattutto se l’inglese non lo si mastica perfettamente e si ha l’idea geniale di mettere a condurre Mika con il suo slang. Perchè alla Pausini e a Cattelan che parlano inglese puoi anche stargli dietro, ma per capire alcuni passaggi di Mika servirebbe la certificazione C2, il livello più alto di competenza linguistica.

Canzoni buttate lì, tutte in fila, presentate in fretta perchè il regolamento richiede di rimanere nelle 2 ore totali di trasmissione, ma soprattutto la politicizzazione di tutto, il riportare tutto a una manifestazione dove lo spirito nazionalistico deve venire prima della qualità, in cui un Presidente della Repubblica arrivato per secondo prova a fare eliminare i primi classificati, alla faccia della cooperazione europea e dell’unità degli Stati. Chi ha provato a fare paragoni con il Festival di Sanremo chieda scusa, soprattutto ad Amadeus che ha fatto con il Festival quello che andrebbe fatto con l’Eurovision, lo ha liberato dalle ingessature che lo tenevano ingabbiato, liberandolo da quell’aurea di messa cantata scollegata dalla realtà.

Il Festival di Sanremo è un evento nazional popolare, capace di lanciare messaggi che vanno oltre la musica, le canzoni del Festival da qualche anno e soprattutto negli ultimi due sono trasmesse dalle radio e sono scaricate dai giovanissimi, le canzoni dell’Eurovision invece? Da chi sono giudicate? Da un particolare sistema di televoto che rispecchia il mero gusto popolare e che con il proliferare di partecipanti dall’Est europeo, si avvale di voti lontani dai gusti musicali occidentali, vedere Achille Lauro o Emma Muscat fatti fuori dal Ricky Martin di Bucarest stride un attimo ed è scollegato dalla realtà, soprattutto se in quei Paesi i gusti musicali si fermano con tutto il rispetto a Pupo e Toto Cutugno.

Pertanto invece di gridare all’innovazione sarebbe il caso di non apprezzare l’oscurantismo che una manifestazione del genere si porta dietro e i meri fini politici mascherati dalla cultura musicale, stasera uscite pure, tanto vincerà l’Ucraina, ma non è così che si vincono le guerre.

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Scritto da Giuseppe Scuccimarri
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