Su Focus “Il Regno dello Stambecco – 100 anni di Gran Paradiso”

In occasione della XIX Giornata Internazionale della Montagna, la rete tematica Mediaset diretta da Marco Costa propone lo speciale originale e inedito «Il Regno dello Stambecco – 100 anni di Gran Paradiso», in onda domenica 11 dicembre, in prima serata.

Il reportage di Focus, scritto da Eugenio Manghi con Luigi Bignami, attraverso il succedersi delle quattro stagioni racconta flora e fauna, cambiamenti climatici, organizzazione della riserva, vita e lavoro al servizio della natura, del Parco nazionale del Gran Paradiso.

Oggi, la più grande minaccia cui il Parco è sottoposto è quella del “clima impazzito”.
Il riscaldamento globale, infatti, ha impatti drammatici sul ritiro dei ghiacciai. Quello del Gran Paradiso quest’anno ha subito un ritiro frontale di oltre 209 metri rispetto al 2021.
E su 57 ghiacciai presenti nell’area, 36 hanno subito la stessa sorte: l’arretramento medio è stato di 41 metri, il triplo del periodo ’93-’21. Quello del Grand Etret, punto di riferimento per tutti gli altri, si è ridotto del 58% dal ’99, con una perdita di spessore di oltre 25 metri.
Come un palazzo di otto piani.

Istituito il 3 dicembre del 1922, il Parco nazionale del Gran Paradiso si estende tra Val d’Aosta e Piemonte, attorno al massiccio del Gran Paradiso, per una superficie di 71.043,79 ettari, su un terreno prevalentemente montuoso. Nel 2014 la riserva è entrata a far parte della Green List mondiale delle aree protette, istituita dal Consiglio d’Europa, unico parco italiano ad aver ottenuto questo riconoscimento.

La storia della “piccola Siberia” italiana è strettamente legata alla salvaguardia del suo animale-simbolo: lo stambecco. Oggetto di caccia indiscriminata per secoli, l’ungulato oggi è presente in circa 2.700 unità. Un maschio adulto può pesare dai 90 ai 120 kg, e le sue corna possono arrivare a 100 centimetri. Sorta di capra selvatica, tende a vivere su terreni ripidi e accidentati, vicino al limite delle nevicate.
La specie deve la sua sopravvivenza alla famiglia reale italiana. Fu infatti il re Vittorio Emanuele II che fece proteggere, nel 1856, gli ultimi esemplari, per riservarli alla sua caccia personale in un’area privata situata in Valsavarenche dove un gruppo di guardacaccia li proteggeva da altri cacciatori. Ad oggi, la Valle d’Aosta e il Piemonte sono le uniche regioni dell’arco alpino in cui la specie non è mai scomparsa.

L’ambientalismo italiano nasce nel 1850, grazie a scienziati e persone di cultura che volevano proteggere il patrimonio naturale e artistico nazionale, e a chi desiderava valorizzare il territorio per il nascente turismo.
La prima legge per la protezione del paesaggio, le cui proposte iniziali risalivano al 1905, fu approvata l’11 giugno 1922 come legge n. 778 “Per la tutela delle bellezze naturali” (Benedetto Croce era ministro della Pubblica istruzione). Venne aggiornata nel 1939 e il suo impianto concettuale è alla base dell’articolo 9 della Costituzione del 1948, e rimase il cardine della protezione del paesaggio fino alla legge Galasso del 1985.

Nel Dopoguerra, l’associazionismo e i movimenti assunsero dimensioni di massa e negli anni 1970-1980 contribuirono a promuovere lo sviluppo di gestione dell’ambiente e la diffusione della sensibilità ambientale.
L’associazionismo ambientale e le idee delle élite sociali che lo guidavano divennero il motore trainante delle iniziative concrete di conservazione della natura, molto di più che da parte dello Stato.
Tra queste associazioni spiccano quelle di Touring Club Italiano, Italia Nostra, Legambiente, FAI, WWF e Greenpeace Italia, e figure come quelle di Giulia Maria Mozzoni Crespi, Massimo Scalia, Laura Conti, Giorgio Nebbia, Chicco Testa, Ermete Realacci, Marco Boato e Alex Langer


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Scritto da Angelo Sorbello
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