Serata cover Sanremo 2025: tutto bello, niente memorabile

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Serata duetti: Roberto Benigni in apertura

La quarta e penultima serata di Sanremo 2025 si apre con Roberto Benigni, notiziona annunciata nel primo pomeriggio da Carlo Conti. Inizia e sembra il Benigni della satira politica: fa riferimenti a Elon Musk, Giorgia Meloni e alla marcia su Roma, a cui Conti risponde con la risata un po’ isterica e incredibile (nel senso di poco credibile), come quando il capo fa battute da brividi e sei costretto a ridere per forza. L’impressione però, è che anche con il nostro genio toscano sia tutto un po’ sbiadito. Benigni a un certo punto intona con Carlo Conti “L’inno del corpo sciolto”, ma è evidemte che siamo lontani da quel 197  . Ci domandavamo perchè in un Festival dove regna la normalità, dove politica e temi civili sono pressochè inesistenti, Conti abbia deciso di chiamare Benigni, lui che a Sanremo ha fatto la storia e di certo non per i “cuoricini”. La risposta è presto data: la promozione del ritorno su Rai 1 il 19 marzo del premio Oscar italiano de “La vita è bella” con lo spettacolo “Il sogno”.

Inizia la gara, ma non prima di aver nominato la parola “braccialetti”, l’elemento più progressista e di rottura di questa 75esima edizione.

La prima a esibirsi è Rose Villain con Chiello “Fiori rosa, fiori di pesco” di Lucio Battisti. Esibizione carina che preannuncia la piega della serata: nulla di memorabile.

Mahmood, primo co-conduttore della quarta serata

Ma questo è il Sanremo della sovraffollata co-conduzione : il primo è Mahmood, vestito total black da capo a piedi, giacca doppio petto con sotto dolcevita collo alto e un paio d’occhiali che lo fanno sembrare un attore di quelli esistenzialisti, che fanno teatro impegnato e sperimentale, quello che scrive testi che capisce solo lui, non perchè sia un cane, bensì perchè tutti gli altri non arrivano a un livello così alto di comprensione. Mahmood sembra impanicato e impreparato alla sfida e strada facendo l’impressione di partenza si fa certezza. Poche battute, dette male, autori non pervenuti e forse, questa sovraffollata co-conduzione non è stata un colpo di genio.

Tocca ai Modà che cantano “Angelo” di Francesco Renga con Francesco Renga. Devono essersi sentiti molto ottimisti i Modà in questa scelta, visti gli ottimi posizionamenti in classifica di Renga negli ultimi festival, ma mai ottimisti quanto il giorno in cui hanno scelto il loro stylist pensando fosse cosa buona e giusta.

Geppy Cucciari, co-conduttrice della quarta serata

Finalmente è il momento di Geppy Cucciari, l’unica che riesce a parlare più di 30,5 secondi e a centrare  nei 31,5 a lei concessi di sparare colpi come una pistolera, uno a nano secondo. Ironizza sulla chiarissima e immediata modalità di voto di quest’anno e della passione sfrenata e incomprensibile di Carlo Conti per i bambini, a giudicare da quanti ne ha portati sul palco, come se The voice kids non fosse sufficiente. Forse stasera, l’unica serata in cui i bambini sarebbero giustificati ad esserci per via del super ospite Topo Gigio, avremo la fortuna di risparmiarci questa tendenza di portare minori prodigio sul palco dell’evento più guardato d’Italia.

Grazie Geppy, ma è il momento di spiegare le ali con Il Volo che accompagnano Clara in “The sound of silence” di Simon and Garfunkel. Pezzo incredibile, in origine registrato in acustico, diventa, come tutto ciò che il trio tocca, una marcia trionfale e solenne: non l’abbiamo capito.

Seguono Noemi e Tony Effe, parte della quota “Califano” di questa edizione, di fatto non saranno gli unici a omaggiare il Califfo questa sera. Questa cosa che si possa duettare con qualcuno a sua volta in gara ci lascia perplessi, sembra un’occasione persa (come troppe altre in questo Festival). D’altro canto questa scelta potrebbe essere un esempio positivo di sana competizione. Lo è certamente, ma noi vogliamo le fiamme, ne siamo assetati, il fair play lo lasciamo alle Olimpiadi, quando dobbiamo fare squadra e contestare i francesi. Tony Effe pervenuto a intermittenza, anche stasera senza collana.

Duettano insieme anche Rkomi e Francesca Michielin che scelgono Cesare Cremonini e “La nuova stella di Broadway”. L’infortunata, come l’appella la Cucciari, stasera ha l’atteggiamento di chi è pronta a prendersi tutto, seduta al pianoforte come una regina della savana. Rkomi sembra un po’ il fratellino minore che si lascia instradare e ci commuove. Mi dà sempre un brivido di gioia quando un uomo riesce a esistere, che sia su un palco o su un tram, senza paura di sentirsi minacciato o oscurato da una donna: il fatto che questo continui a colpirci ci dice, però, che ciò che dovrebbe essere normale ancora non lo è. Quindi, dopo l’emozione ti sale la presa a male.

Lucio Corsi duetta con Topo Gigio

Oh, finalmente l’unico superospite che tutti volevamo vedere senza sapere di averne bisogno. Era necessario Lucio Corsi per portare per la prima volta Topo Gigio sul palco dell’Ariston. Se fossimo cattivi diremmo che nessuno ha mai visto Rkomi e Topo Gigio nello stesso posto, quindi non lo diciamo. Scherzi a parte, è stata l’unica performance originale che ha saputo distinguersi e tracciare una linea netta rispetto a tutto il resto, nella sua bambinesca sognante semplicità.

Corsi e Gigio hanno cantato Modugno: “Ma tutti i sogni nell’alba svaniscon perché
Quando tramonta la luna li porta con sé
Ma io continuo a sognare negli occhi tuoi belli
Che sono blu come un cielo trapunto di stelle

Peccato che alla velocità della luce, come tutto il Festival di Conti, siamo scesi dalle stelle su cui i due ci hanno fatto salire, e che il momento magico sia evaporato con l’arrivo di Mahmood che chiede a Topo Gigio un selfie: noi come Lucio Corsi a disagio, faccia seria e braccia conserte. Dov’è l’uscita?

Si prosegue con il primo brano internazionale portato da Serena Brancale in duetto con Alessandra Amoroso. La scelta ricade su “If ain’t got you” di Alicia Keys: c’è tanto stile e ricerca di suoni Finalmente la Brancale, arrivata al grande pubblico con “U baccalà”, tira fuori il suo talento straordinario e la formazione jazz e soul da cui proviene. Il duetto delle due pugliesi funziona, ma la Brancale è un animale da palcoscenico. C’è poco da fare, tra Bari e Lecce, Bari vince sempre.

Irama canta con Arisa “Say Something, I’m Giving Up on You” di Christina Aguilera. Ma ci pensiamo mai che in Italia abbiamo una voce come quella di Arisa? Secondo noi non abbastanza. Ed è lei a salvare l’esibizione.

Gaia con Toquinho, Marcella Bella e gli altri duetti

“La voglia, la pazzia” di Ornella Vanoni è il brano che Gaia porta in questa serata con un mostro musicale come Toquinho: senza forse, la scelta d’ospite più felice di questa serata. Si passa da “la mia Liguria” a “il mio Brasile”, che meraviglia! Anche noi abbiamo sentito il Carnevale entrare in noi, c’è la bossa, il samba, la saudade e la leggenda. Dice bene Conti: grazie Gaia per averci portato Toquinho a Sanremo. Non è da vittoria della serata, ma sale sul podio del nostro spirito.

I The Kolors non sono affatto ruffiani, per questo portano solo il brano neomelodico più cantato dell’ultimo anno, “Rossetto e caffè”. Per un attimo abbiamo temuto salisse sul palco Stefano de Martino con i pacchi di Affari tuoi, ma anche Stash sa che c’è un limite e il pericolo è scampato.

Dopo il Papa, i Duran Duran, Roberto Benigni…un altro momento epocale che passerà agli annales del Festival di Sanremo: la reunion di Benji e Fede sul palco Suzuki.

La gara riprende con Marcella Bella che, con i Twin Violins, porta “L’emozione non ha voce”. Marcella è una diva, se duetta lo fa al massimo con i violini, non con un altro artista, figurarsi con quelli che sono suoi competitors nella stessa gara. Marcella è Marcella, mica come quegli altri sfigati. E infatti in gara canta “Forte, tosta indipendente […] Fammi mille complimenti e stop/ tanto i miei difetti già li so”. Meravigliosa in questo velluto rosso che canta Celentano e ci ricorda di quando da piccoli andavamo ai matrimoni dei figli dei  ventisette cugini di nonna che non avevamo mai visto prima, tra gamberi in salsa cocktail e piano bar. Che nostalgia. E poi la dedica e l’emozionante abbraccio con Gianni Bella. Sì Marcella, noi tra le tue braccia dormiremmo volentieri…poi sarà quel che sarà.

Rocco Hunt sale sul palco con Clementino in “Yes I know my way”. Napoli ci piace tutta, ma quella di Pino Daniele un po’ di più. Inserire, a canzone quasi finita, un pezzetto della voce di Pino è stato un colpo basso da cui noi deboli di cuore non potevamo fare a meno di lasciarci colpire violentemente.

Serata duetti: la performance di Mahmood

Stacco pubblicità, il tempo necessario a Mahmood per cambiarsi e tornare se stesso e non la versione AI che abbiamo visto prima. Eccolo, insieme al corpo di ballo e ai suoi addominali e bicipiti, petto nudo e pantaloni rossi luccicanti, mentre canta e balla come solo lui sa fare. Cambia vestito e anche personalità, come quando uscivamo di casa in jeans e maglione per andare in biblioteca con le amiche, ma poi ci cambiavamo nell’androne o in ascensore per andare a ballare con gli amici maggiorenni con la patente di nascosto da genitore 1 e 2.

Francesco Gabbani duetta con Tricarico in “Io sono Francesco”. Ha cantato quasi interamente Gabbani perché Tricarico era senza voce, questo ciò che hanno comunicato su instagrm. Pas mal, l’occasione è stata buona per riportare all’attenzione una canzone di grande scrittura e spessore, da molti ricordata solo per il passaggio “puttana la maestra”.

C’è sempre un momento in cui le divinità devono scendere tra i comuni mortali e nel mondo musicale italiano questo momento coincide sempre con Giorgia. Per noi potrebbe cantare anche l’elenco telefonico, poco cambierebbe. Questa volta sceglie “Skyfall” di Adele in duetto con Annalisa. Una vestita di bianco l’altra di nero, luce e ombra, yin e yang, lupo nero e lupo bianco. A un certo punto sembrava prima di salire sul palco una avesse detto all’altra: “Facciamo il gioco di chi riesce prima a buttare giù i muri con gli acuti?” e l’altra “Sì, dai”. Deve essere andata così. Certo, nulla rispetto al duetto con Elisa di due anni fa.

La gara della serata duetti di Sanremo 2025

Simone Cristicchi duetta con la sua compagna di penna e di cuore Amara. Le perplessità su una scelta di questo tipo non mancano. Si dice che a pensar male si sbaglia ma spesso si indovina. “La cura” di Battiato è un capolavoro irraggiungibile e riuscire a interpretarla bene è già grande merito. Certo è che portare alla serata delle cover un testo con un significato di tale portata, mentre si è in gara con un brano su un tema altrettanto delicato…Cristicchi vecchia volpe? Ci lasciamo il beneficio del dubbio.

Sarah Toscano per la quarta serata sceglie “Overdrive” degli Ofenbach con il duo elettronico francese, riportando questo Sanremo dagli anni Venti del Novecento a quelli del Duemila, ma subito dopo di lei. Conti saluta e ringrazia la marina, ci sentiamo smarriti e ci domandiamo se gli Ofenbach siano davvero saliti sul palco o se siamo stati tutti vittime di un’allucinazione collettiva.

A Sanremo Johnson Righeira è l’ospite dei ComaCose, con cui reinterpretano “L’estate sta finendo”, proprio quest’anno in cui la canzone festeggia il suo quarantesimo compleanno. Ci è piaciuto: questo pezzo non invecchia mai, ci fa ballare sui magoni e sulla malinconia che ci portiamo addosso come la sabbia di ritorno dal mare, perché la leggerezza è l’unica arma necessaria per scrollarci un po’ via di dosso la sabbia della vita. “L’estate sta finendo” è la nostra risposta italiana alla saudade brasiliana. Anche “Sanremo sta finendo”, cantano i ComaCose cambiando le parole all’originale e stasera ci hanno fatto dimenticare anche Cuoricini.

Se l’anno scorso c’erano Diodato e Jack Savoretti, quest’anno la quota “sofisticazione” ce la serve Joan Thiele che stasera sballa il termometro della raffinatezza con Frah Quintale in una meravigliosa versione di “Che cosa c’è” di Gino Paoli. Il rischio di rifare questo gioiellino peggiorandolo era altissimo, quasi certo ma così non è stato. Ribadiamo: Joan Thiele non la meritiamo. È tutto così sospeso che voliamo via.

Adesso qualcosa di cui è necessario soffermarsi: Olly. Abbiamo finalmente capito le ragazzine impazzite! Non solo ha cantato da buon genovese “Il pescatore” di De Andrè, ma lo ha fatto con Goran Bregovich e la Wedding & Funeral Band. La trasformazione della platea infiocchettata dell’Ariston in possibili protagonisti di un film di Kusturica è qualcosa che non saremmo stati capaci di immaginare.

Achille Lauro ed Elodie sono gli unici a cui concediamo la possibilità di esibirsi insieme pur essendo entrambi in gara: loro due siamo disposti a pagarli per vederli insieme “ancora, ancora, ancora” come canta De Crescenzo (e Achille Lauro in un fuori programma). Siamo certi che più di un italiano si addormenterà pensando a loro questa sera. Non sappiamo decifrare se nel loro duetto ci fosse altro oltre all’erotismo, ma non ci importa e per stasera è sufficiente a compensare il resto per stasera.

Non si è capito se Elodie fosse divertita o volesse sotterrarsi a un certo punto, il dubbio ci è venuto. Sono incoscienti giovani e meritano punti già solo per aver fatto perdere tempo a Carlo Conti svizzero.

Quello che avevamo da dire su Ranieri lo abbiamo detto in abbondanza. Che altro possiamo dire di questa sera in cui si è esibito con quei fighi dei Neri per caso nella cover di un gioiello quale “Quando” di Pino Daniele? Nulla, non è necessario.

Willie Peyote è l’altra metà della Quota califfo della serata. Con Ditonellapiaga e Zampaglione, il rapper torinese canta “Un tempo piccolo”. Il Peyote fa una scelta azzeccatissima per un motivo molto semplice e chi lo ascolta e conosce la sua scrittura lo sa: questa canzone avrebbe potuto scriverla tranquillamente lui.

Brunori Sas porta “4 marzo 1943” di Lucio Dalla, con l’altra metà dei Tiromancino Riccardo Sinigallia e con Dimartino, a dimostrazione che le cose semplici, se ben fatte, possono essere le meglio riuscite . Lucio Dalla ci manca sempre e rievocarlo su quel palco era necessario. Ma Brunori a fine esibizione fa un’altra azione per cui merita encomio: ricorda e dedica “4 marzo 1943” a Paolo Benvegnu che oggi avrebbe compiuto 60  anni.

“Bella stronza” di Fedez e Masini alla serata duetti

Il duetto più atteso dai circolini di tutta Italia: Fedez con Marco Masini in “Bella stronza”. Succede di tutto, anche l’inatteso: Fedez fa un figurone! Riscrive le sue barre sul pezzo tanto polemizzato di Masini, gli tremano le mani e la voce e ci fa incazzare perché, alla fine, ce l’ha fatta a tutti sotto il naso. Si parlava di un suo possibile ritiro per paura delle contestazioni e, invece, da questo Sanremo Fedez ne uscirà ripulito e vincitore. Bello stronzo.

Bresh, senza dubbio tra le rivelazioni di questa 75esima edizione. E la serata dei duetti lo conferma: omaggia anche lui da genovese De Andrè, con un brano particolarissimo: “Creuza de mä”. Faber scrisse questo diamante di musica e parole, da cui prende il nome l’omonimo album del 1984, raccontando in lingua genovese il ritorno dei marinai sulla terraferma. Bresh lo porta a Sanremo con Cristiano De Andrè: sentire e vedere quest’ultimo, fotocopia del papà, suscita sempre un certo tremore, soprattutto con un brano così.

Peccato per i problemi tecnici, tanto da dover ripetere l’esibizione per ben due volte, tre in totale. Ma che ci importa, noi la ascolteremmo anche 29 volte “Creuza de mä”, una per ogni cantante in gara. Ci manchi sempre Faber, chissà cosa scriveresti oggi guardando che forme ha assunto il mondo…mondo di cui non sappiamo nulla, perché nella settimana santa tutto il resto scompare. Magari lunedì ci svegliamo e  scopriamo che Trump ha dichiarato guerra alla Cina o che Israele ha deciso di lasciare Gaza ai palestinesi dopo aver visto Noa e Mira Awad cantare “Imagine”. Ironia a parte, Bresh: chapeau!

È il momento dei “bro”, questa volta una vera bomba, mancava solo Willy il principe di Bel Air: Shablo con Guè, Tormento e Joshua duettano (effettivamente erano pochini sul palco) con Neffa. La stanchezza dell’una si sente ma questo non ci impedisce di godere di questo momento. Non convince la decisione dei medley che spezza questi due pezzi incredibili, “Amor de mi vida” dei Sottotono e “Lontano dal tuo sole” di Neffa, facendoci doppiamente godere a metà.

La classifica della quarta serata

Siamo giunti alla classifica di questa serata, di cui vengono annunciati solo i primi dieci posti. Quinto Brunori Sas con Sinigallia e Dimartino, quarto Olly con Bregovich e la Funeral and Wedding Orchestra, terzo Fedez con Marco Masini, secondo posto Lucio Corsi con Topo Gigio. Giorgia con Annalisa è la vincitrice della serata cover 2025.

Facciamo i conti? Anche la serata cover non dà il brio che dal principio manca a questo festival e non si tratta solo di mancanza di polemiche e momenti pepati. È come se il Sanremo di Carlo Conti sia anestetizzato e chiuso in una zona di sicurezza e imprevisti previsti. Questo da un lato evita problemi e fuori programma, scelta  a tratti comprensibili perché immaginiamo quanto possa essere difficile muovere una macchina come quella sanremese, dove si sa come si suol dire, che se sul palco dell’Ariston fai uno starnuto, per tutta Italia diventa che hai la broncopolmonite.

D’altro lato, questo tira il freno a mano anche alle cose belle, di fatto momenti memorabili non ci sono. Ottime scelte delle canzoni, degli ospiti e tutte esibizioni ben fatte, ma nessuna che abbia lasciato il segno. Tra due giorni le avremo già dimenticate. Eppure i numeri dicono un’altra verità. Geppy Cucciari la scelta più felice di questo Festival, pertanto lanciamo l’appello: diamole Sanremo 2026!


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Scritto da Damiana Civita
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