MondoTV 24 Recensioni, L’Amica Geniale “La vera amicizia”
L’amica geniale, la serie tv tratta dalla saga di Elena Ferrante, continua a raccontarci dell’autentico legame di amicizia tra Lenù e Lila con la seconda stagione, andata in onda dal 10 febbraio su rai 1.
Nella prima stagione abbiamo assistito alla crescita di Lenù (Elisa Del Genio) e Lila (Ludovica Nasti), dall’infanzia all’adolescenza; il secondo capitolo della tetralogia, “Storia di un nuovo cognome”, ci porta ancora una volta nelle vite delle due protagoniste, ormai cresciute, tra i successi e le difficoltà in una Napoli degli anni ’60.
Le avevamo lasciata al ricevimento di nozze di Lila (Gaia Girace) e Stefano Carracci (Giovanni Amura), tra le lacrime della sposa, che si era sentita tradita e usata dopo l’ingresso alla festa della famiglia Solara.
Raccontata sempre dalla voce fuori campo di Lenù adulta (Margherita Mazzucco), la storia riparte da dove si era interrotta.
Siamo in pieno boom economico, il rione si fa spazio alle nuove costruzioni, la città si riempie di negozi e vetrine, sul corso sfrecciano macchine belle ed eleganti.
Sullo sfondo un ritratto dell’Italia di quegli anni con le prime avvisaglie di rivoluzione culturale e sociale e un sud ancora indietro, violento e maschilista.
Lila e Stefano abitano nella loro nuovissima casa ma nell’assumere il cognome del marito, Lila, ha come l’impressione di aver perso se stessa. Lenù continua a studiare, spinta soprattutto dalla sua amica, diventando una studentessa modello.
La loro vita cambia radicalmente nel corso di una vacanza ad Ischia, dove le due amiche incontrano Nino Sarratore (Francesco Serpico), vecchio conoscente d’infanzia, ormai studente universitario.
L’autoaffermazione, l’indipendenza, la voglia di fuggire da quel luogo di ignoranza e l’importanza della conoscenza sono ancora i punti chiave della narrazione.
È una storia scritta da una donna per le donne. Un’attenta riflessione sulla condizione di queste ultime in una società totalmente patriarcale, soggette a un’ideologia maschilista che tanto condannano ma che continuano ad assecondare, sottomesse e passive.
Brutale la scena in cui Lenù si rende conto di come tutte le donne del rione abbiamo perso nel tempo i connotati femminili, perdendo ogni forma della propria femminilità, divenendo spente, masticate e sputate dai loro mariti.
Elena Ferrante è stata così brava a dare vita a delle figure così complesse. Così diverse tra loro ma nello stesso tempo così affini e complementari: sono due facce della stessa medaglia Lila e Lenù, l’una feroce e irrequieta, l’altra domita e silenziosa.
Le abbiamo comprese e odiate nello stesso tempo, ci hanno fatto commuovere, abbiamo provato tenerezza e rabbia, ci siamo immedesimati nell’una o nell’altra, o in entrambe, perché siamo tutti un po’ Lenù e un po’ Lila: fragili, cattivi, competitivi, egoisti, orgogliosi, bisognosi di affetto.
Emblematico è il monologo interiore di Lenù che da sempre si è sentita l’ombra di Lila, come se fosse la sua copia scialba. È qualcosa che ci accomuna tutti, perché tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti “quasi” e abbiamo visto negli altri “tutto”, anche quando non c’era.
Un plauso, inoltre, va alla regia e al cast, composto principalmente da nuovi attori, giovani e talentuosi tra i quali, a mio avviso, spicca fra tutti Giovanni Amura che è riuscito a interpretare tutte le sfumature, quelle umane e soprattutto quelle terribili, di uno dei personaggi più complessi e odiati.
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