Grande Fratello: Alex Schwazer – una vita in marcia.

Alex Schwazer nasce a Vipiteno il 26 dicembre 1984.

Ha vissuto gran parte della sua vita dedicandosi alla marcia, che le ha regalato gioie e dolori.

Le Vittorie di Alex Schwazer 

Vince le olimpiadi di Pechino 2008 della 50km .

Inizia a praticare l’atletica leggera all’età di 15 anni, gareggiando nel mezzofondo, e passando alla marcia solo nella categoria allievi. 

Nel 2005 vince i campionati italiani nella gara dei 50 km.

Sempre nel 2005 ad Helsinki vince la sua prima medaglia internazionale, stabilendo il nuovo primato italiano. L’11 febbraio 2007 migliora il primato italiano dei 50 km.

Ai mondiali di Osaka conquista la medaglia di bronzo, per poi arrivare ai giochi Olimpici di Pechino 2008 in cui vince l’oro olimpico classificandosi primo nella 50 km, stabilendo un nuovissimo record.

Ai mondiali 2009 di Berlino abbandona la gara dopo un’ora e mezzo accusando dolori allo stomaco.

Nel 2010 partecipa agli europei di Barcellona 2010 dove gareggia ai 20 km , dimostrandosi subito il favorito durante la competizione.

Il vincitore tuttavia della gara è Stanislav Eme’janov, che però, a distanza di 4 anni, perde il titolo a causa dell’irregolarità nel passaporto biologico e la medaglia d’oro viene assegnata a Schwazer.

Il 28 agosto 2011 partecipa ai 20 km ai Mondiali a Taegu classificandosi nono.

Il calvario Doping

Il 6 agosto 2012 iniziano i veri problemi per Alex che risulta positivo all’eritropoietina, controllo effettuato a sorpresa dall’agenzia mondiale Antidoping il 30 luglio e viene escluso dal CONI dalla squadra della 50 km di marcia dei giochi olimpici del successivo 11 agosto.

Il 23 aprile 2013 il tribunale nazionale Antidoping stabilisce per l’atleta la pena di 3 anni e 6 mesi.

Il 22 dicembre 2014 patteggia la pena di 8 mesi con una multa di 6.000 euro.

Il 12 febbraio 2015 la II sezione del tribunale nazionale antidoping aggiunge alla pena 3 mesi di squalifica per aver eluso il prelievo dei campioni biologici e viene squalificato dalle gare fino al 29 aprile 2016.

Nell’aprile 2015, ancora sotto squalifica, torna ad allenarsi con Sandro Donati. Lo scopo è quello di partecipare da protagonista pulito, ai giochi olimpici di Rio de Janeiro 2016.

Il test individuale del 24 settembre 2015 è un vero e proprio successo, nonostante il tempo dell’atleta non possa essere reso pubblico.

Ritorno in gara

Al termine della squalifica (26 aprile 2016) esordisce in gara nella marcia 50 km l’8 maggio 2016 direttamente in maglia azzurra.

Il 21 giugno 2016 viene divulgata la notizia che le urine di un campione siano risultate positive al doping, nonostante alle prime analisi di procedura fosse negativo.

Un secondo test certifica che nelle urine di Alex siano presenti tracce di metaboliti di testosterone.

I collaboratori di Alex si difendono certificando che  le quantità di testosterone trovate nelle urine fossero minime e quindi non dopanti, respingendo nettamente le accuse. L’8 luglio 2016 l’atleta viene sospeso in via cautelare dall’IAAF. Il legale di Alex annuncia che farà ricorso, denunciando una manipolazione esterna sul campione prelevato. Il 10 agosto 2016 Alex Schwazer viene squalificato per altri 8 anni, cancellando anche i risultati ottenuti nel 2016.

Le nuove analisi

Nuove analisi del 2018 rivelano un’alta concentrazione di DNA all’interno dei campioni di urina risultati positivi, segno per la difesa che quei campioni fossero stati manomessi.

Durante l’udienza al tribunale di Bolzano del 12 settembre 2019 vediamo contrapporsi: da una parte l’atleta, i suoi collaboratori e legali che continuano a sostenere la manipolazione delle prove, dall’altra la WADA che continua a profilare la colpevolezza di Schwazer e la non manomissione.

Il 14 settembre 2020, il comandante del RIS Lago, adduce al fatto che le alte concentrazioni di DNA nelle urine non corrispondano ad una fisiologia umana e che i dati confermino un’anomalia.

Il 3 dicembre la procura di Bolzano chiede l’archiviazione del procedimento penale e il 18 febbraio 2021 viene sancita la non colpevolezza di Schwazer per non aver commesso il fatto, ritenendo altresì che i campioni di urina siano stati alternati con l’unico scopo di farli risultare positivi e di ottenere la squalifica e discredito dell’atleta e del suo allenatore.

La WADA con comunicato stampa, il 22 aprile 2021, contesta tale conclusione riportata nelle carte processuali.

La famiglia di Alex Schwazer 

Alex ha una moglie Kathrin Freud sposata il 7 settembre 2019 e ha due figlie: Ida, nata prima delle nozze, e Noah nato nel 2020.

Kathrin ha sostenuto il marito durante tutta la trafila processuale.

Infatti Alex ricordando tali eventi dice: “la Kahti l’ho conosciuta negli intervalli in cui tornavo a Racines da Roma, dove mi allenavo con Donati. Autunno 2015. Non pensavo potesse nascere qualcosa di serio: avevo poche speranze di essere capito come atleta, rientravo da una squalifica per doping, invece è sbocciato un amore importante. Quando è arrivata la seconda positività, Kathi era incinta di Ida. Non mi ha mai rimproverato nulla, le assenze, la mia testa 24 h al giorno sul caso delle provette. Sempre sorridente, solare. Potevamo esplodere, invece siamo andati avanti a costruire il nostro futuro”.

Per concludere

Ciò che balza all’occhio di questa vicenda è che ci ritroviamo di fronte ad un essere umano che ha sbagliato in un primo momento e che ha pagato le sue colpe.

Ma la domanda che molti si continua a porre a distanza di tempo è: perchè un atleta e talento come Schwazar ha ricevuto un simile trattamento da chi lo avrebbe dovuto, quantomeno, ascoltare.

Il connubio Schwazar – Donati se un primo momento venne visto come nuova linfa, successivamente attirò le gelosie di chi vedeva in questo sodalizio un grosso nuovo trampolino di lancio per Alex e ciò che attesta tutto ciò sono i risultati antecedenti alla seconda squalifica: il dominare i 50 km nella coppa del mondo di Roma e il secondo posto alla 20 km di La Coruna.

La poca solidarietà dimostrata dai colleghi di Alex in quel frangente è una chiara verità che balza agli occhi di tutti, nonostante lui avesse subito un’ingiustizia, chi l’aveva attaccato tacciandolo con epiteti poco carini, dopo la sentenza rimase in silenzio, come se ciò che avesse subito Alex fosse in qualche modo giusto.

Lo sport dovrebbe insegnare che la vita non è facile ma se con sacrificio e umiltà, combatti giorno dopo giorno, lei ti ripagherà sempre.

Il caso Schwazer è l’emblema che dalle difficoltà si ci può sempre rialzare. Alex ha vinto la sua battaglia innalzando la sua più grande medaglia, quella in un tribunale, dove a vincere non è stato il campione ma l’uomo.


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Scritto da Mariangela Ragno
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