Flop e top della televisione, lo share e’ il vero metro di giudizio per il successo di un programma?

La televisione attuale delude spettatori che preferiscono piattaforme più dinamiche, a trasmissioni che, pur memorabili, non garantiscono successo duraturo.

Figure come Virginia Raffaele e Michelle Hunziker, acclamate e osannate all’Ariston, falliscono nel condurre programmi propri che sembrano non venire apprezzati dal pubblico.

Da “Forte e Chiara” a “Michelle Impossible”, chiusi precocemente, il tracollo è evidente.

Di contro però, anche figure maschili come Insegno, Minzolini e Signorini deludono le aspettative, mentre Carlo Conti non brilla in originalità.

Il Mercante in Fiera, condotto da Pino Insegno, si ferma solo al 2% di share, peggiorando i già bassi ascolti del preserale di Rai 2.

Nonostante ciò, non è stata immediata la decisione di cancellare il programma, dimostrando una certa resistenza nel riconoscere il fallimento e nel trovare soluzioni efficaci per migliorare gli indici di share.

Da Max Giusti a Chiara Francini, passando per Alfonso Signorini, la situazione è critica.

La responsabilità non può e non deve ricadere solo sui conduttori, ma sugli autori e sui prodotti che vengono impacchettati ad hoc ma a cui, fondamentalmente viene dato poco spazio d’adattamento.

“La pupa e il secchione” condotto da Enrico Papi, che non ha raggiunto il milione di spettatori con il 5,87% di share.

Anche la versione del programma con Barbara D’Urso ha deluso in termini di ascolti, portando alla decisione di accorciarne la durata anziché chiuderlo definitivamente.

Federica Sciarelli, grazie a “Chi l’ha visto?”, ha ottenuto ottimi risultati con punte del 11,14% e del 13,55% di share durante questa edizione televisiva.

Nonostante ciò, la sua conduzione non ha mai ricevuto particolari elogi da parte della critica, forse perché troppo focalizzati allo share effettivo che alla qualità.

Questi esempi di delusioni e flop televisivi, fanno riflettere sulla necessità di rivedere alcune regole e tecniche nei programmi trasmessi.

È facile puntare il dito sul conduttore o conduttrice, ma bisognerebbe porre il focus principalmente sul prodotto e sulla vendibilita’ in termini di ascolti.

È fondamentale mantenere un approccio equilibrato e imparziale nella valutazione dei programmi televisivi, indipendentemente dal genere del conduttore.

Lo share

La perdita di ascolti richiede un’analisi profonda e obiettiva, senza colpevolizzare una singola figura.

Bisogna guardare oltre le apparenze e comprendere le complessità del meccanismo televisivo.

La televisione italiana è un teatro di delusioni, con conduttori e programmi che non brillano.

Per concludere

In conclusione la chermes televisiva, per quanto bella e accattivante, è composta da una moltitudine di fattori concomitanti, se però, alla base vi è un’oggettivazione del prodotto confezionato per essere vero e arrivare alla gente senza filtri esso potrà diventare un successo solo con passione e tempo.

Purtroppo ad oggi i termini qualitativi e le tempistiche che vengono date ad un programma per potersi far valere sono talmente poche ed irrisorie che seppur di fronte a programmi validi si preferisce passare ad altro piuttosto che spendere del tempo per apprezzarlo.

In un mondo in cui il tempo è solo un accessorio non ci stupisce che i programmi che ancora tengono banco siano, nonostante gli ultimi dati non proprio accattivanti, quelli nati alcuni anni fa triti e ritriti a cui si cerca inesorabilmente di dare innovazione e lustro con scarsi risultati.


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Scritto da Gianluca Paganotti
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