Inutile nasconderlo, siamo un popolo di allenatori e di giudici implacabili dei vizi altrui. Nulla ci riesce meglio.
Anzi, sembriamo tante civette all’erta, appollaiate sul nostro bel trespolo, in attesa di poter puntare il dito verso il primo che “cade”, trasformandoci in un unico branco di lupi famelici.
E’ quello che, in sostanza, stiamo facendo con Chiara Ferragni: dato il via alle danze, non passa ora che ci sia qualcuno a scagliarsi contro l’imprenditrice.
Accusata di pubblicità ingannevole per i famigerati pandoro, Chiara si è assunta le proprie responsabilità e pubblicamente ha chiesto scusa, rimediando, anche se solo a posteriori, al proprio grave errore.
Sin qui niente da dire.
Nel frattempo, però, si è scatenata una sorta di caccia alle streghe, con il presidente del consiglio partita lancia in resta, e seguita a ruota da chi non attendeva un passo falso della Ferragni per attaccarla.
L’ultimo in ordine di tempo? Guè Pequeno.
Il rapper milanese, nel corso di un suo concerto, è salito, come fin troppo spesso è abituato a fare, sul carro dei vincitori ed ha, dall’alto della sua levatura morale, dichiarato:
“Volevamo fare un discorso in realtà. Per poi dare dei soldi in beneficenza, ma poi invece intascarceli. Andiamo a spenderli in uno strip club“.
Un’ironia spiccia mirata non solo a denigrare Chiara, ma anche suo marito Fedez, totalmente estraneo alla vicenda; una sorta di “colpirne uno per educarne cento” riveduto e corretto.
Ribadiamo il concetto, Chiara Ferragni ha sbagliato senza se e senza ma. Ma da dove nasce tutto questo livore sopito nei suoi confronti?
Chiara è stata una visionaria: ha creato un modo di fare impresa del tutto nuovo basato su se stessa; se fosse stata un uomo probabilmente sarebbe stata accostata a Bill Gates o Steve Jobs.
Ha dato la possibilità a una sfilza di personaggi, più o meno meritevoli, di seguirne le orme e guadagnare
Però, piuttosto che costruire si preferisce distruggere, d’altronde è infinitamente più comodo.
Per costruire si ha bisogno di impegno e ingegno, due parole tabù nel nostro vocabolario.
Non sarebbe opportuno guardare nel proprio armadio prima di gridare allo scandalo per i fantasmi nascosti in quelli degli altri?
Ma no, noi siamo il popolo che si indigna, che punta il dito, salvo poi ricorrere alle conoscenze per poterci far cancellare la multa presa per divieto di sosta.
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