Belve, polemica sull’intervista a Massimo Bossetti: che senso ha?

belve massimo bossetti

Questa sera è andata in onda la prima puntata di Belve Crime, il nuovo format di Francesca Fagnani che va ad indagare sulla cronaca italiana degli ultimi anni. Ma una domanda che sorge spontanea: perché dare tanta visibilità a Massimo Bossetti? Accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio e condannato alla pena dell’ergastolo, che sta scontando attualmente nel carcere di Bollate di Milano.

I social contro l’intervista a Massimo Bossetti

Questi sono soltanto alcuni dei commenti apparsi sotto il video postato da Francesca Fagnani dell’intervista fatta a Bossetti:

“Vergognoso che venga intervistato un assassino. Pazzesco”

“Era necessaria questa intervista?”

“Apprezzo molto la Fagnani, ma mi chiedo: perché la necessità di intervistare e dare visibilità ad un’omicida?”

Effettivamente, la scelta di Francesca Fagnani e della Rai di dare spazio a Massimo Bassetti fa storcere il naso a molti, perché far diventare popolare e dare visibilità ad un condannato all’ergastolo per l’omicidio di una tredicenne sembra davvero fuori luogo. Anche se la Fagnani ha cercato in tutti modi di incalzare Bossetti, le sue risposte hanno fatto storcere il naso all’opinione pubblica: “non so come il mio DNA sia finito sugli slip di Yara”, questa è stata una delle tante risposte che grida all’assurdo, specialmente dopo i 3 gradi di giudizio che confermano l’accusa di omicidio e confermano tutte le accusea suo carico.

Morbidità o approfondimento?

Oltre al semplice intrattenimento, il rischio è quello di un ritorno mediatico che alimenta il voyeurismo: un ergastolano ospite in TV genera senz’altro dibattito, ma quanto contribuisce realmente alla verità o alla giustizia? Equiparare una condanna senza appello a uno spazio alla pari in tv scavalca quella linea sottile tra cronaca e spettacolo. Lo spin-off fa discutere, ma iniziare con un colpevole assurge a un gesto più provocatorio che educativo.

La tv come tribunale parallelo

Belve Crime dichiara di voler “indagare nella psiche di protagonisti della cronaca nera” ma nel fare ciò assembra un format che concede al condannato un emiciclo probabilmente troppo ampio. Se la giustizia ha emesso un verdetto definitivo, che necessità c’è di “scavare oltre”, se non per alimentare il dubbio e la polemica?


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Scritto da Lorenzo Porcini
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