Bellezze italiane, Scilla

 

Ci eravamo lasciati in Sicilia. Questa settimana prendiamo il traghetto e, attraversando lo stretto di Messina, approdiamo nella splendida Calabria. Precisamente ci troviamo nella città di Scilla.

«Arrivai in città ammirando la sua strana posizione. Costruita su una altura discende come un lungo nastro sul versante orientale della montagna, poi girandosi a guisa di S viene a distendersi lungo il mare…»

Alexandre Dumas

Scilla è situata sull’omonima punta, che sorge 22 km a nord di Reggio Calabria, capoluogo calabrese, sul Promontorio Scillèo, proteso sullo Stretto di Messina, che anticamente veniva infatti denominato Stretto di Scilla.

E’ uno dei borghi più belli e caratteristici della Calabria ed è legato ad una leggenda mitologica greca molto particolare.

Si narra infatti che Scilla fosse una bellissima fanciulla umana dotata di una particolare bellezza e ammirabile grazia. Ella aveva l’abitudine di passeggiare a piedi nudi sugli scogli di Zancle e fare il bagno nuda nelle limpide acque del Tirreno. Una sera vide apparire dalle onde del mare un essere di metà uomo e metà pesce dal corpo azzurro e dalla barba verde. Era un dio marino che una volta era stato un essere umano: Glauco.

Scilla terrorizzata dall’essere divino scappò via dalla spiaggia e raggiunse la vetta di un monte nelle vicinanze.

Glauco vedendo la reazione della bella fanciulla di cui era innamorato iniziò ad urlare la sua storia.

Egli era infatti un umile pescatore della Beozia che trascorreva la sua tranquilla vita pescando, appunto.

Un bel giorno durante una pesca particolarmente fortunata decise di stendere le sue reti su di un prato vicino alla spiaggia e vi dispose sopra i pesci pescati. Improvvisamente i pesci ripresero vita e si diressero verso il mare facendovi ritorno. Glauco, pensando che il prodigio dipendesse dall’erba del prato, decise di mangiarne un po’ e all’improvviso avvenne la metamorfosi: si trasformò in un essere irrimediabilmente attratto dal mare. Gli dei dell’acqua lo accolsero con favore tanto che pregarono Oceano e Teti di completare la sua trasformazione e di renderlo definitivamente un dio marino.

Io fui il primo a sedermi

su quelle zolle, mentre facevo asciugare le reti bagnate,

e per contarli in bell’ordine sopra vi disposi

i pesci catturati, quelli che il caso aveva sospinto

nelle reti o la loro ingenuità sugli ami adunchi.

Parrebbe un’invenzione, ma inventare che mi gioverebbe?

a contatto con l’erba, la mia preda cominciò ad agitarsi,

a mutar lato e a guizzare sulla terra come fosse nell’acqua.

E mentre trasecolo impietrito, l’intero branco

si rituffa nel mare abbandonando la spiaggia e il nuovo padrone.

Rimango attonito, a lungo in dubbio e cerco la causa:

se opera sia stata di un nume o del succo di un’erba.

“Ma quale erba può avere questo potere?” mi dico, e con la mano

ne colgo un ciuffo e, quando l’ho colto, lo mordo con i denti.

La gola aveva appena assorbito quel succo misterioso,

che improvvisamente sentii dentro di me un’agitazione

e in petto il desiderio travolgente di un’altra natura.

Non potei resistere a lungo. “Addio, terra, addio!” dissi.

“Mai più ti cercherò!” e con tutto il corpo mi tuffai sott’acqua.

Gli dei del mare mi accolsero, onorandomi come loro pari,

e pregarono Oceano e Teti di togliermi ciò che di mortale

potevo ancora avere. Purificato sono da loro

che, pronunciata la formula contro le impurità nove volte,

ordinano che ponga il mio petto sotto il getto di cento fiumi.

E di colpo fiumi scendono da ogni parte

e mi rovesciano addosso un diluvio d’acqua.

Questo è tutto ciò che posso narrarti di quell’evento incredibile.

Solo questo ricordo: di altro non serbo memoria.

Quando rinvenni, mi sentii diverso in tutto il corpo,

diverso da com’ero, e mutato persino nella mente.

Allora mi accorsi di questa barba color verderame,

di questa chioma che trascino sulle distese del mare,

di queste grandi spalle, delle braccia azzurre

e delle gambe che attorcigliate terminano in pinne di pesce.

Ma che mi serve questo aspetto, l’esser piaciuto agli dei marini,

essere un dio, se tutto ciò ti lascia indifferente?”. Stava ancora

parlando, e avrebbe detto di più, se con sdegno Scilla

non l’avesse abbandonato. Lui s’infuriò e irritato dal rifiuto

si diresse verso il palazzo incantato di Circe.”

Proprio come ci racconta Ovidio nelle sue Metamorfosi, Scilla non si dimostrò per nulla interessata alla storia di Glauco e se ne andò sdegnata senza nemmeno finire di udire la storia.

E per questo motivo Glauco si rivolse alla maga Circe per chiedere un sortilegio d’amore che facesse innamorare Scilla di lui.

Circe ammonì severamente Glauco ricordandogli che un dio marino non deve di certo elemosinare le attenzioni di una semplice mortale e per dimostrargli quanto si sbagliasse a considerarsi sfortunato, gli propose di unirsi a lei. Ma Glauco rifiutò la proposta di Circe poiché si rifiutò di tradire il suo amore puro e forte per Circe.

A questo punto Circe furiosa per essere stata rifiutata per una semplice mortale decise di vendicarsi.

Preparò un filtro magico che versò nelle acque dove Scilla era solita farsi il bagno, e se ne andò. Scilla appena si fu immersa nelle acque stregate iniziò a trasformarsi in un mostro orribile. Dalle anche in su restò umana ma dalle gambe invece le spuntarono sei orribili teste di cane ognuna con tre file di denti aguzzi.

Colta dall’orrore per sé stessa Scilla fuggì e si rifugiò presso una grotta dove abitava Cariddi. Questa era la figlia di Poseidone e Gea trasformata in un orribile mostro da Zeus per aver rubato i buoi di Gerione a Eracle. Cariddi fu così condannata a ingerire e rigettare l’acqua di mare tre volte al giorno.

E così Scilla e Cariddi diventarono le terribili guardiane di quello che oggi è lo Stretto di Messina: Cariddi crea terribili vortici nelle acque e Scilla attenta alla vita dei marinai con le sue spaventose sei teste a forma di cane.

Abita quivi Scilla, che terribilmente schiamazza.
E la sua voce come di cane spoppato di fresco;
ma piú terribile mostro di questo non c’è; né veruno
s’allegrerebbe a incontrarlo, neppure se fosse un Iddio.
Dodici piedi ha questa; ma niuno le serve al cammino;
ed ha sei colli, lunghi, lunghissimi; e termina ognuno
con una testa orrenda; e quivi, tre file di denti,
fitti s’addensan, molteplici, pieni di livida morte.
Sta rimpiattata sempre nel mezzo del concavo speco,
e solamente sporge la testa dal bàratro orrendo.
Quivi alla pesca sta, spiando allo scoglio d’intorno
cani di mare, o delfini, o quale altro mostro piú grande
possa ghermir, che a mille nutrisce Anfitrite sonora.

Né si potranno mai dar vanto i nocchieri, che illesi
siano sfuggiti ad essa; perché ciascheduno dei capi
stende, e ghermisce un uomo dal grembo alle cerule navi.
Ulisse, e l’altra rupe vedrai, ch’è di molto piú bassa;
l’una vicina all’altra: ché distano un tiro di freccia.
Un caprifico grande vi sorge, un rigoglio di fronde;
e sotto a questo, inghiotte del mar Tonde negre Cariddi.
Tre volte al giorno fuori li gitta, tre poi li ringoia
terribilmente. E fa’ di non esservi, quando l’inghiotte:
ché non varrebbe a salvarti neppure il signore dell’onde;
ma, piú che puoi vicino movendo alla rupe di Scilla,

spingi velocemente la nave: ché molto vai meglio
piangere sei compagni, che perderli tutti ad un colpo”.

Omero, Odissea – canto XII.

Questa è la bellissima leggenda legata a questo borgo meraviglioso. Oggi Scilla è una delle mete turistiche più gettonate della Calabria e a tutte le ragioni per esserlo direi.

E’ un luogo in cui si respira davvero la magia della storia e del passato.

Particolarmente bello da vedere è la località di Chianalea, che rappresenta la parte più antica e suggestiva del comune di Scilla. Viene infatti chiamata la “Piccola Venezia” delle case che sembrano sorgere direttamente dalle acque del mare.

Risalendo per il bellissimo Borgo, tra chiese e fontane, si arriva al Castello dei Ruffo di Scilla o Castello dei Ruffo di Calabria. Originariamente questa costruzione fu voluta per scopi difensivi, finché nel 1532 il conte Paolo Ruffo non decise di trasformare questo austero castello in una residenza. Oggi il castello ospita convegni, mostre e conferenze, inoltre permette di godere di un panorama meraviglioso, facendo spaziare lo sguardo fino alle coste siciliane e alle Isole Eolie.

Scilla è inoltre ricca di spiagge meravigliose tutte da visitare, esplorare e scoprire.

La più frequentata è sicuramente Marina Grande. Questa bellissima spiaggia, che si estende per circa 800 metri, è delimitata da scogli che si tuffano a strapiombo nel mare rendendo il paesaggio particolarmente suggestivo.

Punta Pacì invece è adatta a che ama le escursioni subacquee. I fondali sono ricchissimi di fauna e flora marina perfette anche solo per chi è appassionato di snorkeling.

A Cala delle Rondini invece troverete un ambiente incontaminato dove godersi il sole tra poca confusione ed una natura meravigliosa.

Infine non si può non tuffarsi nelle acque limpidissime della Spiaggia delle Sirene. Perfetta per chi ama acque profonde, pulite e ricche di vita. Attenzione perché questa spiaggia ad agosto è molto affollata in quanto ritenuta da tutti una delle più belle in assoluto. Arrivate presto se volete accaparrarvi un posto in “prima fila”!

Ma la vera magia di Scilla, il motivo che mi ha fatto innamorare di questo luogo stupendo, la ragione per cui vorrei tornare ogni volta che posso, è il suo indimenticabile e inconfondibile tramonto.

Non potrete che restare a bocca aperta mentre il sole più bello e caldo che abbiate mai visto si tuffa in un mare altrettanto bello altrettanto caldo e limpido. E poi i colori ed i giochi di luce creano un’atmosfera davvero romantica. Vi sentirete realmente parte della natura che vi circonda. Avrete la sensazione che il tempo si sia fermato e che anche tutte le persone intorno a voi siano ferme ad osservare lo spettacolo quasi in religioso silenzio. Un’esperienza unica.

Quindi il mio consiglio è ovviamente di visitare tutta la Calabria che è una regione ricca di luoghi meravigliosi ma anche di buon cibo e di gente particolarmente ospitale ( e non lo dico perché è la mia regione d’origine eh…), e se passate da Scilla, fermatevi all’ora del tramonto a godervi un momento di sacra meraviglia.

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Scritto da Giuseppe Currado
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