Antonella Fiordelisi vittima di hate speech e cyberstalking sui social, ecco cosa è successo
Con eleganza e premura, Antonella Fiordelisi è intervenuta su X in seguito a continui commenti negativi e frasi diffamatorie da parte di un fan divenuto successivamente hater, conosciuto personalmente dalla modella molto tempo fa, con cui ha condiviso il suo tempo come spesso fa con le sue fans, nonostante la sua eccessiva invadenza che l’ha portato a presentarsi sotto casa. Da quello che sappiamo, pare essere il modus operandi di tale utente, attuato anche con Giulia Salemi e Paolo Petrelli.
Le sue parole:
Tre mesi fa ero a Salerno e mi bussò al citofono un ragazzo. Ero impegnata, stavo facendo delle cose e non potevo scendere, ma mi dispiaceva far aspettare un fan sotto casa, quindi decido di scendere e di dedicargli del tempo (come faccio con la maggior parte delle persone che mi seguono). Oggi, a distanza di mesi, questo soggetto da fan è diventato hater, sembra abbastanza ossessionato. Contatta le persone che mi circondano, chiede in giro chi sono, cosa faccio, ecc.
Lavoro da anni sui social quindi sono sempre stata esposta e abbastanza abituata agli haters, il loro scopo è quello di sminuire e screditare. Ma con me non ci sono mai riusciti. xxxx, il consiglio che ti do è di iniziare a lavorare sulle tue sicurezze e sulle tue capacità in modo da non versare questa tua frustrazione sugli altri. In fondo lo so che non sei cattivo.
Vittime dell’hate speech e Cyberstalking
Antonella Fiordelisi non è purtroppo l’unico personaggio pubblico che riceve insulti, commenti diffamatori sulla sua persona e cyberstalking, ovvero persecuzioni continue e ossessive tramite social media, non solo nei confronti del personaggio ma anche verso la famiglia, amici e conoscenti. Questi fenomeni sui social media si stanno dilagando a macchia d’olio, arrivando a superare i confini di ciò che si potrebbe considerare socialmente accettabile, che indubbiamente hanno delle ripercussioni sul stato emotivo del personaggio, a cui viene violata la propria privacy, oltre che ricevere una serie di continue diffamazioni contro la propria persona.
È sempre bene ricordare che i social media non sono una simulazione di qualche gioco interattivo, i personaggi pubblici non sono avatar di The Sims che possono essere modellati a seconda della propria idealizzazione né bisogna avvalorarsi il ruolo di burattinai capaci di muovere i fili della loro vita. Sono persone che godono degli stessi diritti e sensazioni di chi si nasconde dietro uno schermo.
L’hate speech, le diffamazioni, e il cyberstalking sono frutto dello stesso processo psicosociale, che ha trasformato i social media in un ring tossico, caratterizzato da pugili insoddisfatti dal ring della propria vita. Il disimpegno morale è quel complesso processo di disumanizzazione in cui la comunicazione mediata è caratterizzata dall’anonimato che fa da scudo a molti profili creati a doc e dall’assenza di segnali socio-emotivi, utili per l’attivazione dell’empatia nei confronti degli altri, che nel caso dei social media diventano inanimati, oggetti che meritano di essere nel mirino di questo malsano gioco.
Nei casi in cui i confini superati vanno ben oltre il semplice esprimere un’opinione negativa, denunciare è sempre la soluzione migliore, malgrado la legislazione non sia ancora stata ben definita nei casi di danni morali arrecati online.
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